Salvatore Chianese (42 anni)
Guardia Particolare Giurata dell’istituto “Cittadini dell’ordine”, ex Civis Augustus. Ucciso durante il giro di perlustrazione alla cava Manzoni di Savio (RA) il 30 dicembre 2015
Salvatore Proietti
Guardia Particolare Giurata dell’istituto Coopservice, ferito il 15 ottobre 2012 durante assalto al furgone portavalori al supermecato Todi di via dei Carafa, in zona Pisana a Roma. Muore in ospedale il 4 dicembre 2012
Dipendente dell’istituto di vigilanza Vis. L’uomo è rimasto ucciso il 19 dicembre 2011 mentre stava scaricando alcuni plichi da un portavalori nella filiale dell’Unicredit del rione Tamburi a Taranto. Due banditi avrebbero cercato di impossessarsi dei plichi ed uno, di fronte a un accenno di reazione, avrebbe fatto fuoco ferendo al capo la guardia giurata. La vittima lascia moglie e due figli.
Rimasto gravemente ferito in conflitto a fuoco con banditi il 26 ottobre 2010 a Casoria. Muore il 6 novembre dopo lunga agonia in ospedale
Ucciso il 26 ottobre 2010 a Casoria -NA- durante una rapina nella Banca Unicredit
Ucciso il 4 agosto 2009 in piazza del Carmine a Napoli da due giovani a bordo di un motorino con l’intento di sottrargli la pistola d’ordinanza.
Gaetano quel giorno prestava servizio insieme ad un suo collega,Fabio De Rosa, quando due uomini improvvisamente si avvicinarono loro tentando di sottrarre le pistole d’ordinanza in maniera violenta. Gaetano ed il suo collega reagirono e scoppiò un conflitto a fuoco in cui entrambi vennero colpiti più volte da diversi colpi di pistola. Gaetano Montanino venne raggiunto da otto colpi e morì immediatamente mentre il suo collega riuscì a sopravvivere, nonostante le gravi ferite riportate. Fu proprio grazie alla ricostruzione di Fabio De Rosa che la sera stessa dell’omicidio venne fermato uno dei due delinquenti che avevano ucciso Gaetano. Poco tempo dopo, grazie alle dichiarazioni di un pentito, altri due uomini vennero fermati per l’omicidio di Montanino. Nell’aprile del 2012 vennero tutti condannati a 20 anni di reclusione come responsabili dell’omicidio di Gaetano.
A Napoli, in via Marina, è stata collocata una targa commemorativa dedicata alla figura di Gaetano Montanino.
Trovato carbonizzato nell’auto di servizio il 24 Febbraio 2009. Il 15 Febbraio Vincenzo BONIFACIO di 44 anni, guardia giurata di un Istituto di Vigilanza con sede a Catanzaro Lido, è sparito con l’auto dell’Istituto. Quel giorno si trovava nel tratto di strada Sovereto – Chiaravalle mentre effettuava il solito giro di ritiro denaro da trasportare nel caveau dell’Istituto di Settingiano ma da quel momento in poi non si saprà più nulla di lui e dell’auto di servizio. Verrà ritrovato carbonizzato il 24 Febbraio in località “Gionti “ fra il territorio di Cardinale e Satriano nella Fiat Punto dell’Istituto di Vigilanza. Sembrerebbe che Vincenzo BONIFACIO qualche tempo prima avesse testimoniato in un processo per omicidio ma la sua morte resta un mistero.
Ucciso il 18 gennaio 2009, il giorno del suo ventottesimo compleanno, davanti alla filiale del Banco di Napoli in via dei Tribunali a Napoli.
Giuseppe Minopoli ( 37 anni )
Medaglia d’oro al valor civile. Ucciso nel corso di una rapina il 06 Settembre 2008 NAPOLI – Stava cenando in una pizzeria a Pozzuoli, nel Napoletano, quando due persone, una delle quali armate, con il volto coperto da un casco, sono entrate nel locale per una rapina. Ha estratto la pistola ma uno dei rapinatori gli ha sparato colpendolo con due colpi al torace uccidendolo. La vittima è Giuseppe Minopoli, 37 anni, del luogo. Il tentativo di rapina è avvenuto nella pizzeria Il Regno dei Sapori in via Allodi, 70, nella frazione Monteruscello di Pozzuoli. Nel locale si trovava anche il proprietario, un uomo di 41 anni incensurato.
Ucciso in seguito ad un tentativo di rapina e deceduto il 13 Agosto 2008. Gennaro COTUMACCIO dI 41 anni, guardia giurata della Europol, originario di Portici, il 16 Giugno insieme ad un collega stava prelevando con l’auto di servizio I soldi da alcuni supermercati. In località Marano l’auto della vigilanza fu assaltata da dei rapinatori che spararono nel tentativo di impossessarsi degli incassi prelevati, circa 60 mila euro. Le guardie giurate reagirono ed anche un ispettore della Polizia che vide la scena non esitò a qualificarsi e ad aprire il fuoco. Caddero a terra Gennaro COTUMACCIO gravemente ferito ed un rapinatore che morì sul colpo. Cotumaccio morì il 13 Agosto 2008 dopo due mesi dalla sparatoria all’ospedale Cardarelli di Napoli.
Deceduto in seguito ad un assalto a portavalori il 07 Gennaio 2008 a Massa Marittima
Luigi Zippo ( 57 anni )
Medaglia d’oro al valor civile. Ferito mortalmente da Angelo SPAGNOLIl, l’ex ufficiale dell’Esercito che ha sparato all’impazzata dalla sua abitazione, e deceduto il 05 Novembre 2007 a Roma.
Medaglia d’oro al Valor Civile. Deceduto in seguito ad un assalto a portavalori il 01 Agosto 2007 a Reggio Calabria
Deceduto in seguito ad un assalto a portavalori il 04 Novembre 2006 a Lodi.
Michele Landa
Alle 4 del 6 settembre 2006 Michele Landa, metronotte di Mondragone, durante le sue ore di lavoro, viene affrontato da camorristi o semplici criminali. Viene ucciso poi bruciato e con la macchina buttato in un fosso. Lo si troverà solo dopo 4 giorni, nelle campagne. I carabinieri riconsegnano alla famiglia alcuni effetti personali dell’uomo e alcune ossa scampate all’incendio raccogliendole in una scatola per scarpe.
Michele Landa muore il 6 settembre 2006 alle 4 del mattino. Ucciso a colpi di pistola prima, e poi bruciato nella macchina di servizio. Una storia che non ha avuto diritto di ospitalità nell’informazione. Una storia che deve essere raccontata. Michele Landa è un metronotte di Mondragone. La sua attività preferita è coltivare il piccolo pezzo di terra di famiglia. Ama fare ed essere un contadino: “Tu lo sai come sono fatti gli stipendi qua al Sud, e quindi papà lavorava come metronotte per portare qualcosa in più a casa”. Angela Landa ha la voce dignitosamente ferma, quando mi racconta i dettagli della morte del padre. “Papà, faceva questo lavoro da 24 anni, e la notte quando è stato ucciso, gli mancava solo un mese per andare finalmente in pensione”. I figli, invece, riceveranno solamente l’ultima busta paga del padre. Tutto questo lo si deduce dalla macchina di altri colleghi metronotte che, avvistano alle 4 del mattino per l’ultima volta Michele Landa, in servizio presso un ripetitore della Omnitel-Vodafone, a Pescopagano. “Mio padre ha lavorato in molti posti brutti, ma Pescopagano lo spaventava: puttane, spacciatori, camorristi, criminali nigeriani, là ci sta tutto meno che lo Stato”.
Antonio ha 25 anni ed è l’ultimo figlio di Michele, il motivo per cui aveva accettato di lavorare anche a Pescopagano. Per potergli cedere il suo posto dopo la pensione. Oggi Antonio quel posto non lo vuole. Comunque sia, Michele Landa alle 22.00 del 5 settembre prende servizio presso il ripetitore. Deve essere difeso l’antenna, altrimenti i criminali lo rubano per farne un cavallo di ritorno. Una macchina di Lavoro & Giustizia dovrebbe passare ogni ora a controllare, ma non ci sono uomini, macchine o il lavoro lo si può arrangiare. Michele va al lavoro con la sua macchina. Quella aziendale è rotta e quindi viene lasciata direttamente al ripetitore, quasi come guardiola improvvisata. Alle 4 del 6 settembre Michele Landa viene affrontato da camorristi o semplici criminali. Comunque sia, viene ucciso. Poi bruciato e con la macchina buttato in un fosso. Lo si troverà solo dopo 4 giorni, nelle campagne di Mondragone. Per non dare fastidio a traffici di coloro che hanno in ostaggio Pescopagano. Il collega del cambio turno, non vedendo Michele Landa, non avverte nessuno, credendogli di fare un favore. Angela continua il suo racconto: “Quando ho sporto denuncia, un carabiniere mi ha detto che non dovevo preoccuparmi che sicuramente mio padre stava bevendo con qualche prostituta da qualche parte e che sarebbe tornato a casa”. I figli si porteranno a casa Michele Landa un pezzo alla volta. La Seicento in cui viene ucciso, dopo il ritrovamento, viene portata nello spiazzo della caserma dei carabinieri. Però, mentre sono in corso i rilievi, finisce il diesel nel generatore di corrente. Così la macchina con i resti, viene caricata sul carro attrezzi e tra una buca e un’altra va verso la caserma. Qualche pezzo di Michele sicuramente è finito per strada per non tornare più. La macchina nello spiazzo della caserma non è coperta neanche con un telone. “Quando ho chiesto spiegazioni, mi hanno detto che nella rimessa puzzava troppo, e quindi l’avevano messa fuori. Ho portato un telone perché almeno quello che rimaneva di mio padre non fosse uno spettacolo per chi passava”. Michele è un altro figlio ancora di Michele Landa, lavora come operaio sulle linee ferroviarie: “La scientifica ha ripulito la macchina, ma siamo andati lo stesso nel deposito giudiziario. Abbiamo trovato un femore, la fibbia della cintura di papà, le chiavi di casa e altre ossa. Ce lo siamo portati via in una scatola di scarpe”. Il giorno dopo la macchina viene passata al setaccio, e solo allora tutti i pezzi di Michele Landa vengono raccolti. Il 27 settembre vengono celebrati i funerali del metronotte contadino: nessun sindaco, nessun deputato, nessuna istituzione presente al funerale di un onesto. Ma la tomba dovrà essere riaperta dopo una decina di giorni, perché dal R.I.S. di Roma torna un altro osso di Michele Landa.
Ad oggi nessuno sa perché Michele Landa è morto. Da parte delle istituzioni cittadine hanno detto che era meglio non immischiarsi con questioni di camorra. La richiesta di indennizzo all’INAIL viene respinta: non si può accertare se è una causa privata la morte o una causa di lavoro. L’assicurazione non paga per il momento, bisogna aspettare gli sviluppi della vicenda. Angela continua il suo racconto: “Se mio padre fosse stato un carabiniere, poliziotto, finanziere avrebbero fatto qualcosa prima. Avrebbero dato qualcosa alla famiglia, avrebbero parlato della sua morte e qualcuno sarebbe venuto al suo funerale. Nulla, invece, perché mio padre era soltanto un onesto lavoratore. Un carabiniere ci ha detto in privato che sapremo qualcosa se qualche pentito parlerà. Se è un azione criminale, sai le pistole dei metronotte sono molto ricercate, beh allora probabilmente non si saprà mai nulla”. Il 6 ottobre del 2006 viene rimossa l’antenna da Pescopagano. Rimane solo, di fronte, a qualche decina di metri, un’enorme villa fortificata con tanto di telecamere. Spinti dall’unica troupe che si è interessata al caso, quella di “Chi l’ha visto”, le forze dell’ordine fermano il proprietario alla guida di un mercedes roadstar. “E’ uno di Caivano, i documenti sono a posto”. Questa l’unica azione che intraprendono verso il proprietario della villa. I nastri delle telecamere, neanche a parlarne. Oggi rimane un dolore composto di una famiglia oltraggiata dall’indifferenza di tutti, meno che gli onesti di Mondragone: “Al funerale di papà hanno partecipato i suoi amici, gli anziani, tanta gente semplice, quelli con cui andava a lavorare in campagna”. Non ci si può chiedere il perché dei rifiuti, della camorra, dei massimi sistemi risolutivi, quando la morte di un onesto lavoratore è così bellamente ignorata. Si dice che gli operai siano l’ultima ruota del carro in Italia, beh ce ne sono molte altre di ultime ruote del carro. Sono coloro che finiscono sottoterra in una scatola di scarpe. E non gliene fotte niente a nessuno. (fonte:vittimemafia.it)
Abitava a Busca con la famiglia Rocco Rizzari, 57 anni, la guardia giurata dipendente dell’istituto di vigilanza ‘Caprinico’ di Sanfrè, ucciso in servizio all’area dei Ronchi di Cuneo la notte dell’11 agosto scorso. L’uomo, originario della Sicilia dove risiede la famiglia, era intervenuto per cercare di sedare una rissa fra italiani e albanesi. A travolgerlo e provocarne la morte è stata un’auto in fuga. Ha fatto in tempo ad esplodere un paio di colpi di pistola in aria, non a mettersi in salvo. Le indagini sono coordinate dalla Procura di Cuneo, diretta dal magistato Alberto Bernardi: sono molti i punti oscuri ancora da chiarire. Rocco Rizzari (nella foto) lavorava da un anno alla ‘Caprinico’. Aveva ottenuto, come tutti i vigilantes, il decreto prefettizio La notte della fatale aggressione era addetto al piantonamento dell’area dove nei prossimi giorni si svolgerà la Grande Fiera d’estate. Ha avvertito la centrale via radio di quanto stava accadendo prima di essere investito e ucciso. I funerali si sono svolti a Messina.
Adolfo Ferrara ( 36 anni )
“ Medaglia d’oro al Valore Civile “ . M.llo M.A. Adolfo Ferrara [Tursi (Mt)] della Sicurpol N.K. di Genova, deceduto in seguito ad una rapina al Furgone Portavalori il 03 Agosto 2005 a Genova
Nicola Sammarco ( 59 anni )
Ferito gravemente durante il servizio e deceduto il 6 Giugno 2005. Era la sera di domenica 5 Giugno 2005 quando la guardia giurata Nicola Sammarco di 59 anni in servizio in località Casapesenna ( CE ) a difesa di un edificio nel quale erano presenti le antenne di una società di telecomunicazioni, salito sulla sua auto viene raggiunto da alcuni colpi di arma da fuoco che lo feriscono mortalmente.
Deceduto in seguito ad una sparatoria il 7 gennaio del 2004 in un cantiere edile di Canosa di Puglia
Deceduto in seguito ad una rapina il 29 Marzo 2002 presso lo sportello della Banca AntonVeneta posta all’interno del mercato ittico di Milano in via Lombroso.
Deceduto in seguito ad una rapina il 02 Novembre 2001 ) presso l’ufficio delle Poste Centrali di via Curzi a San Benedetto del Tronto ( Ascoli )
Deceduto in seguito ad una rapina il 03 Agosto 2001 a PALERMO quando un gruppo di rapinatori armati, entrò in azione in via Villagrazia per rapinare la Banca Mercantile.
Medaglia al Merito e al Valor Civile. Deceduto in seguito ad una rapina il 23 Aprile 2001 in via Rigamonti a ROMA.
Luigi Pulli (52 anni)
Raffaele Arnesano (37 anni)
Rodolfo Patera (32 anni)
Medaglie d’oro al Valor Civile. Deceduti in seguito ad un assalto al portavalori il 06 Dicembre 1999 Era la mattina del 6 Dicembre 1999 quando un commando di rapinatori assaltò due furgoni portavalori della “ Velialpol “ trucidando tre guardie giurate e ferendone altre tre. Erano le 8 circa del mattino quando I due furgoni portavalori percorrevano la strada provinciale tra San Donato di Lecce e Copertino, trasportavano I soldi delle pensioni per gli uffici postali della zona circa tre miliardi di Lire. Il commando di rapinatori comandato da Vito Di Emidio (ex latitante della Sacra Corona ), dopo aver preparato la strada spargendo dei chiodi a quattro punte nel tratto di strada un po più avanti di quello in cui è realmente avvenuto l’assalto (nel caso non fossero riusciti nell’intento di fermare I due blindati), un rapinatore speronò violentemente con un pesante camion il primo furgone blindato uccidendo sul colpo Luigi PULLI, che lo conduceva, e bloccando la strada anche al secondo furgone che lo seguiva e che dovette fermarsi. A quel punto il commando composto da almeno sei persone aprì il fuoco con armi pesanti Kalashnikov, e pistole tempestando di proiettili I due furgoni portavalori . Il secondo portavalori venne sventrato con delle bombe ed I corpi di due guardie giurate che si trovavano all’interno, Raffaele ARNESANO e Rodolfo PATERA, dilaniati dalla violenta esplosione, tanto violenta da incastrare la seconda cassaforte e renderne impossibile l’aperture. Il feroce assalto fruttò circa 2 Miliardi di Lire al commando di rapinatori che fuggirono lasciando sul posto in uno scenario di guerra e di morte, I tre corpi senza vita di Luigi PULLI di 52 anni, Raffaele ARNESANO di 37 anni, Rodolfo PATERA di 32 anni e tre loro colleghi feriti, Claudio M. di 33 anni, Giovanni P. di 34 anni e Giuseppe Q. di 38 anni. La Cassazione ha confermato le condanne all’ergastolo per gli autori della strage.
Il Monumento alla Guardia Giurata
Carissimi,
invio alcune foto del monumento dedicato, nel 2000, alla Guardia Giurata , praticamente un’anno dopo la “Strage della Grottella” avvenuta il 6.12.1999, dove persero la vita tre nostre Guardie Giurate, Patera Rodolfo, Pulli Luigi ed Arnesano Raffaele in seguito ad un attacco a due furgoni trasporto valori facendo uso anche di esplosivo.
Deceduto in seguito ad un assalto al portavalori il 30 Gennaio 1999 Varese – Induno Olona
Deceduto in seguito ad un assalto al portavalori il 30 Gennaio 1999 Varese – Induno Olona
Ucciso durante una rapina in banca. La città di Ceprano non ha dimenticato il sacrificio di Maurizio Polisena, ucciso il 13 maggio del 1998 ad Arce, durante una rapina alla banca davanti la quale prestava servizio come vigilantes. Maurizio aveva 45 anni, una moglie ed una figlia allora in tenerà età. E proprio la figlia ha scoperto, nella commozione generale dei presenti e con accanto la mamma, la targa della strada – posta nel centro cittadino – che il Comune di Ceprano ha voluto ora dedicare alla memoria dell’adorato Papà.
Assassinato da Donato Bilancia il 24 Marzo 1998
Assassinato da Donato Bilancia il 24 Marzo 1998
Ucciso dalla banda della Uno bianca di cui fu la prima vittima durante un assalto al furgone portavalori il 30 Gennaio 1988. Il Furgone portavalori era appena arrivato al Supermercato Coop nel quartiere Celle a Rimini, erano le 18,00 circa quando due banditi armati di fucile a canna corta e pistola aprono il fuoco contro le guardie giurate uccidendo Gianpiero Piciello e ferendo gravemente il collega. Nel tentativo di rapina resta ferita gravemente anche una bambina di nove anni e durante la fuga a bordo di una Fiat Argenta vengono ferite altre sei persone.
Assassinato da Donato Bilancia il 25 Gennaio 1998
Augusto Moschetti ( 38 anni )
Guardia giurata in servizio presso via Tribunali a Napoli, il 14 gennaio 1997 viene avvicinato da alcuni malviventi che gli intimano di consegnargli la pistola d’ordinanza. Al rifiuto di Moschetti, i malviventi uccidono l’uomo.
Augusto Moschetti è riconosciuto dal Ministero dell’Interno vittima innocente della criminalità organizzata.
Articolo del 6 Aprile 2004 da ricerca.repubblica.it
Killer a duemila euro al mese
di Giovanni Marino
Duemila euro al mese, il prezzo di un killer. La vita di Matilde, la mamma coraggio di Torre Annunziata; quella della quattordicenne Annalisa, caduta a Forcella, vittima innocente di una sparatoria tra camorristi fra la folla e di altre decine di persone che ogni anno entrano nelle tristi statistiche degli omicidi, non vale più di duemila euro, cinquecento a settimana. Lo stipendio di un affiliato. Con compito di uccidere. I pubblici ministeri della Dda, la Direzione distrettuale antimafia, gli specialisti della Squadra mobile di Napoli, analizzano la nuova generazione di sicari, tutti giovanissimi (ventenni, resta ancora una eccezione l’ uso di minorenni) tutti dipendenti dalle droghe, cocaina in testa. Tramontata l’ epoca delle batterie di fuoco delle cosche, squadre di cinque, sei assassini addestrati solo per portare a termine missioni di morte; ormai da anni in galera o pentiti i serial killer del crimine organizzato (vedi Domenico Cuomo, accusato di qualcosa come 90 delitti) cambia l’ identikit di chi è chiamato (dai capi) a premere il grilletto. Con lunghe e complesse indagini, grazie anche a qualche pentimento di boss e gregari e ad un lunga serie di intercettazioni ambientali e telefoniche, magistrati e investigatori hanno ora un quadro piuttosto aggiornato delle storie, delle personalità criminali dei killer e del loro modo di agire. C’ è una spiegazione per i sempre più numerosi e tragici errori di mira dei killer. La cocaina, di cui si imbottiscono prima di agire. Lo confermano le indagini della Mobile. Lo spiega il pubblico ministero Giovanni Corona: «Tranne pochi e sempre più rari capiclan, la nouvelle vague camorrista è totalmente assuefatta alle droghe, le indagini ci raccontano di sicari che arrivano a compiere omicidi senza ormai alcun barlume di lucidità, preda delle sostanze che assumono. Così gli errori di mira si sprecano e gli innocenti ci vanno di mezzo». Proprio Corona ha raccolto le confessioni (poi ritrattate) di Gennaro Manco, classe ‘ 78. Manco, nelle sue originarie dichiarazioni, ha descritto come si diventa sicari: l’ inizio è da guardaspalle dei padrini, quindi l’ affiliato viene provato nel far da palo nelle piazze di spaccio di droga; terza fase: la gambizzazione di chi non vuol pagare il racket o il pestaggio a mani nude di chi non intende piegarsi al ricatto camorrista. E si arriva all’ omicidio. Anche Manco, stando alle indagini, aveva problemi di droga; un giorno suo padre, per questo, lo picchiò colpendolo violentemente ad un occhio, rimasto lesionato. Il codice cifrato del delitto – L’ omicidio come un gol. L’ azione del delitto, una partita di pallone. I guardalinee, le vedette. Un processo istruito dal pm Filippo Beatrice svela il linguaggio usato per comunicare un omicidio avvenuto o commissionarne un altro. Nell’ inchiesta che prende in esame crimini commessi dalla cosca dell’ Alleanza di Secondigliano, sono stati intercettati dialoghi anche fra chi è stato accusato di 3 omicidi (Diego Vastarella) e chi di 4 (Carmine Botta). Ne è uscito fuori un vocabolario dell’ assassinio. Due a zero, per gli inquirenti vuol dire un duplice delitto e nessuna perdita da parte di chi lo aveva deciso. Purtroppo ha perso la scarpetta: decriptato dagli investigatori, sta a significare che il killer nella concitazione dell’ agguato ha lasciato cadere la pistola, rimasta sul luogo del delitto. Bisogna vincere la Coppa dei Campioni: occorre far fuori il capo della cosca avversaria. Pistole pulite – Beretta calibro 9 per 21. O 9 per 19. Sono le armi che la camorra predilige. Non a caso. Sono le stesse in dotazione alle guardie giurate e alle forze dell’ ordine. Sempre più frequentemente sono pistole rapinate o rubate alle divise. Pistole pulite, come le reputa la malavita organizzata. Un processo adesso in corso davanti alla terza sezione di corte d’assise, pm Nunzio Fragliasso, prende in esame anche gli omicidi di due guardie giurate, Augusto Moschetti e Antonio Nubile, assassinati a Forcella nel tentativo proprio di rapinare loro le pistole d’ ordinanza. Improvvisati e pericolosi – «Poco capaci, annebbiati dalla droga, giovani dalla mira incerta e per questo molto, molto più pericolosi, chiunque può restarne vittima; la nuova camorra non adotta più alcun criterio di selezione, affida ruoli e incarichi a chi si fa avanti e mostra sufficiente determinazione e ferocia», è l’ efficace analisi del pm Beatrice sulla nuova generazione di sicari. Il pm aggiunge: «Questi clan non hanno strategie di lungo respiro, non pianificano azioni e delitti, agiscono d’ impeto e si affidano a sicari improvvisati». Una conferma, nella sparatoria di sabato sera in piazza Sannazzaro, dove è rimasto ferito un ragazzo diciassettenne: il killer -notano alla Mobile- era così inesperto da aver perso il caricatore della sua pistola, rimasto sull’ asfalto. Sicari in trasferta – La Squadra mobile ha notato come i killer di frequente agiscano a viso scoperto. C’ è una spiegazione in taluni casi: spesso vengono da altre zone rispetto a quella dove compiono il delitto. E non temono dunque di essere riconosciuti. Si tratta, per certi delitti di camorra, di uno scambio di sicari fra clan alleati. Un dato concreto: per un assassinio commesso ad Ercolano è stato arrestato dalla Mobile un ventenne di San Felice a Cancello, nel casertano. Mentre un giovane di Ercolano è invece accusato di un delitto commesso in provincia di Caserta, a Mondragone. Logiche di clan, alleati per uccidere.
Ucciso a Carbonara nel 1997 dalla mafia barese
Ucciso in un tentativo di rapina il 2 agosto 1996 presso la Rolo Banca di via Acquedotto del peschiera in zona trionfale a Roma.
Sebastiano Caruso
Assassinato nell’assalto al portavalori nel 1996 al supermercato Ipergross di Leinì prov. di Torino
Guardia Giurata della Mondialpol, ucciso il 1 dicembre 1995 davanti alla banca di Roma in piazza Roberto Malatesta a Roma.
Ucciso in servizio durante un assalto ad un furgone portavalori il 17 Novembre 1995 Cava de Tirreni
Guardia Giurata Mondialpol Roma deceduto in servizio il 12/12/1994 durante un assalto al portavalori davanti al centro commerciale Conad della località Nuova Florida Ardea (RM).
Antonello Sineni ( 43 anni )
Ucciso a Lucca il 18 ottobre 1994
LUCCA – C’ è un killer con un fucile da caccia puntato sulla città. Ha ucciso e ferito. Sempre di notte, sempre guardie giurate. Una roulette russa che spaventa, colpisce alle spalle. Due volte in dieci mesi, la prima a gennaio, l’ ultima martedì scorso. Lucca ha paura. Venerdì sera c’ è chi ha telefonato alla sede dell’ agenzia di pubblicità Manzoni per avvisare che presto sarebbe morta un’ altra guardia giurata. E qualche ora più tardi, nella notte, qualcuno ha sparato un colpo di pistola 7,65 e lasciato sul marciapiede ventotto proiettili dello stesso calibro. Le hanno trovate un carabinieri alle tre, a poche centinaia di metri da casa di Antonello Sineni, il vigilantes ucciso martedì. Potrebbe esserci un filo sottile e inquietante fra gli spari, le telefonate, gli agguati, le minacce. Un filo che sfiora la trama di un’ altra storia mai chiarita. Il suicidio di Tiziano Benigni, 27 anni, anche lui guardia giurata. Lo trovarono morto la sera del 5 aprile 1993, disteso sulla sua macchina di servizio, vicino allo stadio della Lucchese. Crisi depressive, dissero. Ma il padre non ci ha mai creduto, e ora dice: mio figlio “non era depresso. E poi era mancino, e la pistola invece la trovarono sulla destra. Senza quattro colpi fra l’ altro. Qui c’ è un maniaco e deve essere fermato…”. Un altro mistero, ancora paura. Gli effetti si vedono già. Le guardie giurate delle tre agenzie della città non girano più da sole la notte. Si muovono in coppia, fra le strade dove polizia e carabinieri hanno aumentato pattuglie e servizi di controllo. Tutto in attesa della prossima mossa del killer. Ormai manca solo la conferma della perizia, ma chi indaga è convinto. I segni sui bossoli ritrovati lasciano pochi dubbi: il fucile che ha ucciso Antonello Sineni, 34 anni è lo stesso che ha ferito alle spalle Andrea Macchia, anche lui vigilantes, aggredito nel piazzale di un distributore la notte del 28 gennaio. Che succede? Succede che in giro, libero di colpire, c’ è un folle con un fucile da caccia. Le vittime non hanno legami. In comune solo la divisa, e la fama di bravi ragazzi. Probabilmente l’unica colpa era quella di voler fare il proprio dovere.
Fonte: Repubblica
Segnalato dall’ App. Maurizio Antonelli
Alfonso Tortorella ( 49 anni )
Assassinato durante una rapina in banca il 23 Giugno 1994 da alcuni banditi durante l’assalto alla Comit (Banca Commerciale Italiana) di Via Newton a Monteverde – Roma.
Deceduto in seguito ad un assalto al portavalori il 26 Marzo 1994
Ucciso durante una rapina in Banca il 27 Novembre 1992
Deceduto in seguito ad un assalto al portavalori il 15 Marzo 1992 nei pressi dell’area di servizio Limenella.
Carlo Favretto
Ucciso nel 1991 durante una rapina presso il mobilificio Elit di Maron di Brugnera, in provincia di Pordenone
Vincenzo Salvatori ( 38 anni )
Ucciso dalla Stidda. Era una mattina del giugno del 1991. Per Vincenzo Salvatori, Ignazio Salemi e Carmelo Cinquemani era una giornata di lavoro come tante altre. Alle 9:00 erano partiti dalla Banca d’Italia di Agrigento con il furgone della ditta di trasporto valori per cui lavoravano. Avevano preso in consegna i plichi con i soldi e avevano imboccato la strada per Favara per fare le consegne. Giunti nei pressi di contrada Petrusa, da una traversa sbucò fuori un autocarro, che si mise davanti il furgone blindato. Salvatori, che era alla guida del portavalori, tentò invano la fuga. La strada gli venne sbarrata da una Citroen Bx bianca. Dal camion scesero quattro malviventi col volto coperto, si avvicinarono al furgone e spararono in direzione di Salvatori che aveva il vetro del finestrino abbassato: il metronotte morì all’istante. Fu colpito anche Salemi che sedeva accanto a lui, ma miracolosamente fece da scudo al suo cuore il portafogli che aveva messo nella tasca della giacca dove il proiettile si conficcò; un altro proiettile lo raggiunse ad un braccio lasciandolo ferito. Il terzo metronotte, che sedeva dietro, Carmelo Cinquemani, riuscì con la radio ricetrasmittente ad avvisare la centrale. I malviventi capirono di avere poco tempo a disposizione, tentarono il colpo, ma quando capirono che era diventato rischioso si diedero alla fuga senza riuscire a rubare una sola lira. Quando arrivano carabinieri e polizia per Salvatori non ci fu nulla da fare. Aveva 38 anni, lasciò due bambini e la moglie Concetta Mantisi, di 32 anni. La tentata rapina era stata decisa in un summit della Stidda.
Luigi Vigorito (36 anni)
18 Aprile 1991 Napoli. Ucciso Luigi Vigorito, 36 anni, ex carabiniere, guardia giurata. Aveva tentato di fermare dei rapinatori che volevano svaligiare la banca a cui era stato assegnato.
Tratto dall’articolo da L’Unità del 21 Aprile 1991
In Campania è strage continua – In tre giorni sette morti ammazzati
di Vito Faenza
Sette morti ammazzati in 72 ore in Campania. Fra le vittime ci sono un ragazzino di 12 anni, ucciso a sangue freddo perché scomodo testimone di un agguato nel quale hanno perso la vita il padre e il fidanzato della sorella. Una guardia giurata «freddata» da tre rapinatori perché aveva sbarrato loro il passo impedendogli di svaligiare la banca che sorvegliava. Sparatoria con due feriti a Casal di Principe.
[…]
La spirale di violenza che ha investito la Campania registra, però, anche altri quattro omicidi, tre a Napoli ed uno a Sarno, in provincia di Salerno. Davanti all’agenzia della banca Popolare di Napoli di via Epomeno, nel quartiere partenopeo di Pianura, è stata uccisa la guardia giurata Luigi Vigorito, 36 anni, ex carabiniere che ha sbarrato il passo a tre balordi che volevano rapinare l’istituto di credito. Uno dei tre gli ha sparato due colpi alla testa.
I colleghi della guardia giurata hanno affisso manifesti di protesta. «Cosi non si può andare avanti», affermano tra rabbia e scoramento.
Assassinato barbaramente il 22 Marzo 1991 Era il 22 Marzo 1991 quando le due guardie giurate Domenico BRUNO e Giovanni CENTO vengono uccise. Vincenzo COMBERIATI viene accusato e processato per l’omicidio delle due guardie giurate, uno di queste, ricoverato prima nell’ospedale di Crotone e poi trasferito all’ospedale di Messina, prima di morire sarebbe riuscito a fare il nome del loro assassino.
Assassinato barbaramente il 22 Marzo 1991 Era il 22 Marzo 1991 quando le due guardie giurate Domenico BRUNO e Giovanni CENTO vengono uccise. Vincenzo COMBERIATI viene accusato e processato per l’omicidio delle due guardie giurate, uno di queste, ricoverato prima nell’ospedale di Crotone e poi trasferito all’ospedale di Messina, prima di morire sarebbe riuscito a fare il nome del loro assassino.
Fu massacrato mentre era in servizio alla facolta’ di Scienze dell’universita’ Federico II di Napoli per sottrargli l’arma di sevizio nel pomeriggio del 16 marzo del 1991.
Ucciso in seguito ad un assalto ad un furgone portavalori l’ 11 Marzo 1991 Faceva parte di un equipaggio di un furgone portavalori, appena arrivato davanti alla BNL di via Ugo Ojetti in localita Talenti (Roma), venne assaltato da un gruppo di rapinatori e Romeo Cerasoli guardia giurata, venne ucciso.
Assassinato il 27 Gennaio 1991 Era domenica 27 Gennaio 1991, Ignazio ALOISI guardia giurata di 32 anni esce dallo stadio insieme alla figlia di 14 anni e stava facendo ritorno a casa, improvvisamente viene raggiunto da un uomo a volto coperto che davanti alla figlia gli spara tre colpi di pistola uccidendolo. L’uomo verrà poi arrestato e condannato. L’uccisione di Ignazio Aloisi sarebbe ricollegata ad un episodio di rapina in seguito al quale lo stesso Aloisi collaborando con gli inquirenti parteciperà all’identificazione degli autori della stessa rapina e testimoniò confermando l’identificazione in tribunale.
Guardia Giurata della Mondialpol Roma deceduto in servizio il 06/12/1990, piantonamento SACE in Piazza Poli, Roma.
Medaglia d’oro al Valor Civile conferita dal Presidente della Repubblica Sandro PERTINI Deceduto in servizio durante un assalto al furgone portavalori il 25 Ottobre 1990. Avevano avuto l’incarico di trasportare dei soldi, circa 750 milioni di lire, dalla sede della BNL di Messina ad un’ufficio postale di Barcellona (ME).
Giovanni Pavan ( 27 anni )
Severino Fasan ( 29 anni )
Gianfranco Grandin ( 28 anni )
Era la notte del 28 maggio 1989, sull’autostrada Trieste-Venezia in territorio di Mogliano, il braccio di una escavatrice era stato posto di traverso sulla carreggiata. Tre guardie della Vigile San Giorgio di Pordenone rimasero maciullate nell’impatto: il furgone trasportava gli incassi di 18 supermercati (centinaia di milioni di lire), che rimasero dov’erano perchè i banditi che avevano messo l’ostacolo per fare il colpo, scapparono.
Raffaele Talarico (50 anni)
Antonio Raffaele Talarico nasce a Sambiase (CZ) il 4 ottobre 1938. Era una Guardia Particolare Giurata, padre di quattro figli, persona dedita alla famiglia e al lavoro che svolgeva da oltre venti anni presso un cantiere edile di solai, sito in località Bagni di Lamezia Terme (CZ). La sera del 2 settembre 1988 mentre si apprestava ad aprire il cancello del cantiere venne colpito mortalmente alle spalle da colpi di arma da fuoco da malviventi appartenenti ad una organizzazione criminale dedita al racket delle estorsioni e guardianie che operava nel territorio di Lamezia Terme. L’ attività investigativa svolta dalle Forze dell’ordine e dalla Magistratura portò al rinvio a giudizio di numerosi esponenti di una cosca criminale del luogo. Il conseguente procedimento penale si concluse con l’archiviazione a causa dei pochi elementi probatori raccolti nella fase delle indagini. A distanza di oltre 12 anni a seguito di rivelazioni fatte da un collaboratore di giustizia appartenente al medesimo clan malavitoso, venne riaperto il procedimento penale e conclusosi con la condanna alla pena di anni 30 di reclusione inflittagli dalla prima sezionale penale della Corte di Assise di Catanzaro, in data 11 maggio 2011, all’imputato, tra l’altro reo confesso, per essersi reso responsabile dell’omicidio in concorso con altri.
Carlo Beccari
Ucciso durante un assalto al furgone portavalori il 19 Febbraio 1988 Erano le 20,15 quando le guardie giurate del furgone porta valori stavano effettuando il prelievo dalla cassa continua del supermercato Coop di Casalecchio, improvvisamente alcuni rapinatori fanno esplodere un ordigno ed a bordo di un’automobile hanno iniziato a sparare contro le due guardie giurate per rapinarle. Le due guardie giurate reagiscono sparando cercando di difendersi ed aiutati da un carabiniere in borghese che aveva assistito alla scena e che reagisce sparando ai rapinatori,la rapina fallisce. I rapinatori fuggono ma sull’asfalto rimane la guardia giurata Carlo Beccari colpito a morte. I rapinatori sarebbero stati i componenti della banda della Uno bianca.
Salvatore Mele (40 anni )
Ucciso durante una sanguinosa rapina con tre morti e due feriti che consentì di razziare 167 milioni da un furgone blindato l’8 giugno 1984. Il primo a cadere è la Guardia Giurata Salvatore Mele, 40 anni; il ricovero all’ ospedale Pellegrini è inutile; i banditi lo colpirono in più parti.
Ucciso in un tentativo di rapina il 18 Novembre 1982 Erminio Vittorio Carloni era una guardia giurata della Mondialpol e rappresentante sindacale della CGIL, quel giorno era di servizio insieme al collega Bruno L. in Viale Zara a Milano davanti al Banco di Napoli. Insieme al collega si era posizionato sulla corsia del tram, in modo da poter meglio vigilare l’ingresso della Banca, ma all’improvviso fra la gente che si trova in strada, nota due persone, a dire dei testimoni apparentemente distinte, che cercando di sorprenderli alle spalle. Si avvicinano, uno di loro porta l’impermeabile sul braccio sinistro, Carloni si accorge del pericolo, chiama il collega, fa in tempo a dirgli “attento” ma quando si gira nuovamente trova uno di loro che gli punta una pistola al petto, istintivamente cerca di prendere la pistola nella fondina ma il bandito spara e lo uccide sul colpo colpendolo al cuore. Il collega Bruno L. si getta a terra e cerca riparo dietro ad una macchina, risponde al fuoco e riesce a ferire un bandito, l’altro estrae un mitra da una borsa ed apre il fuoco. La gente che si trova di passaggio e sul tram si getta a terra impaurita, il tentativo di rapina è ormai fallito ed I due banditi fuggono a bordo di una A112 con il complice che li attendeva. Sembrerebbe che il tentativo di rapina sia stato compiuto da un gruppo di tre persone appartenenti ai NAR ( Nuclei Armati Rivoluzionari ), sigla principale del terrorismo neofascista dalla seconda metà degli anni ’70 ai primi degli anni ’80.
Per approfondire: La storia del Caduto Erminio Vittorio Carloni
21 ottobre 1982 – A Torino, vengono uccisi nell’Agenzia n° 5 del Banco di Napoli, in via Domodossola, le guardie giurate Sebastiano D’Alleo e Antonio Pedio. Il commando era composto da 5 brigatisti, Antonio Chiocchi, Francesco Pagani Cesa, Marcello Ghiringhelli, Teresa Scinica, Clotilde Zucca. L’attentato e’ rivendicato dalle Brigate Rosse – Partito della Guerriglia.
Ucciso nel 1982 a Cologno Monzese da ladri di cantiere.
Ucciso durante una rapina in banca il 18 Dicembre 1980 Alfio ZAPPALA’ guardia giurata, era in servizio alla Banca Cariplo di Zinasco (PV), quando durante una rapina reagisce al tentativo di disarmo ingaggiando una colluttazione con I banditi ma viene raggiunto da un proiettile che lo uccide. L’azione verrà in seguito attribuita a militanti usciti dai Comitati Comunisti Rivoluzionari.
Ucciso nel tentativo di rapinargli la pistola il 10 Aprile 1980 Erano circa le 7.30 del mattino quando Giuseppe Pisciuneri guardia giurata della Mondialpol, sposato e residente a Torino in via Nizza, esce di casa per recarsi al lavoro. Giunto in via Ribet viene assalito da due uomini alle spalle, uno dei due riesce a sottrargli la pistola, Pisciuneri reagisce immediatamente e ne nasce una colluttazione, l’aggressore spara e la guardia giurata raggiunta al cuore dal proiettile cade a terra e muore. Gli aggressori si danno alla fuga a bordo di una Fiat 128 verde nella quale altri due complici li stavano attendendo, l’azione verrà poi rivendicata da appartenenti alle Ronde Proletarie.
Ucciso durante il servizio il 31 Gennaio 1980 Settimo Torinese – Era il 31 Gennaio 1980, Carlo ALA di 58 anni era di servizio presso la guardiola d’ingresso della ditta Framtek che produceva le molle per la FIAT e doveva svolgere il turno notturno. Si trovava all’interno della guardiola insieme ad un collega, ad un’agente di un istituto di vigilanza ed all’autista del pulman che poco prima aveva accompagnato in ditta la squadra di circa 40 operai che dovevano fare il turno di notte. Improvvisamente vengono attaccati da un commando di quattro persone armate e che li prendono in ostaggio, altri due entrano dal cancello della ditta e lanciano alcune bottiglie incendiarie verso il fabbricato dell’infermeria dove sono presenti anche I serbatoi di metano. Prima di darsi alla fuga a bordo di un’auto, il gruppo si dichiara “ un gruppo di fuoco comunista “ e sparano una decina di colpi contro Carlo Ala che morirà dissanguato nel trasporto in ospedale, ed il collega della guardiola . Alcuni giorni dopo, l’azione fu rivendicata dai Nuclei Comunisti Territoriali. Carlo ALA lascia la moglie e tre figlie.
Svolgeva servizio di vigilanza davanti la sede della Cassa di Risparmio di via Mariano Stabile, nel centro di Palermo. La mattina del 4 aprile del ’79 un bandito gli sparo un colpo al petto durante una rapina. Sgroi ebbe il “torto” di tentare di fare il suo dovere, quello di scoraggiare i rapinatori dall’assaltare la banca. Erano in quattro, tutti armati di pistole di grosso calibro, e tra essi c’era ancheil futuro superkillek Pino Greco detto “Scarpuzzedda”. La rapina, come si apprese dopo anni da un pentito, era stata organizzata da Cosa Nostra, dalla famiglia mafiosa di corso dei Mille. I quattro banditi erano con il volto coperto, entrarono in banca e portarono via un centinaio di milioni. Uno dei malviventi teneva sotto la minaccia della pistola Alfonso Sgroi e prima di fuggire, gli sparò a bruciapelo un colpo al petto uccidendolo all’istante. Lasciò una moglie e due figlie.
Articolo del 27 Aprile 1979 da La Stampa
Guardia è uccisa alle spalle da quattro banditi a Palermo
Durante l’assalto alla Cassa di Risparmio
PALERMO — Una guardia giurata è stata uccisa durante una rapina, davanti alla sede della «Cassa di Risparmio» di via Mariano Stabile, al centro di Palermo. La vittima è stata uccisa a colpi di pistola da uno dei quattro banditi che si sono impossessati di 90 milioni. La vittima si chiamava Alfonso Sgroi, 42 anni, aveva due figli. Secondo i primi accertamenti l’uomo è stato ferito al petto con un solo colpo di pistola. E’ morto sull’auto di una «volante» che lo accompagnava al pronto soccorso della «Croce Rossa» di via Roma. Sulla base delle testimonianze raccolte fra quanti hanno assistito alla rapina, i funzionari della squadra mobile di Palermo, diretta dal vicequestore Boris Giuliano, hanno fatto una prima ricostruzione dell’episodio. Due banditi entrati in banca dall’ingresso principale, che è sotto i portici, sono saliti al primo piano dello stabile dove ci sono gli sportelli di cassa, e si sono confusi con i numerosi clienti, in prevalenza anziani in attesa di riscuotere la pensione; altri due banditi, invece, sono rimasti sotto i portici. Pochi minuti dopo, i due banditi entrati in banca hanno estratto le pistole e si sono impossessati di una cassetta di metallo con il denaro. Mentre scendevano le scale, sono stati visti dalla guardia giurata che ha tentato di intervenire ma è stata bloccata dai due giovani che erano rimasti all’esterno della banca. Alfonso Sgroi ha ingaggiato una colluttazione, ma uno dei rapinatori gli ha sparato alle spalle. I quattro sono poi fuggiti su una «128», condotta da un complice, che li attendeva nei pressi. L’automobile, rubata ieri, è stata trovata in via Benedetto Civiletti, a 500 metri dalla banca.
Medaglia d’oro al Valor civile – Rosario Scalia Ucciso durante una rapina il 23 Febbraio 1979 Rosario SCALIA guardia giurata, era in servizio alla Banca Agricola Milanese di Barzanò ( CO ), quando un gruppo, appartenente ai Comitati Comunisti Rivoluzionari, nell’assaltare la banca per rapinarla, gli sparò uccidendolo. Nel settembre 2014 il Ministero dell’Interno comunicò la sua decisione di insignire il Caduto Rosario Scalia della Medaglia d’oro al Valor Civile alla Prefettura di Lecco, che a sua volta chiese all’amministrazione comunale di Barzanò una dettagliata relazione sui fatti risalenti a 35 anni prima .
Ucciso nel 1975. Deceduto dopo 18 giorni di straziante agonia. Gli avevano sparato con il mitra non appena sceso dal blindato in Piazza Venino a Milano con i soldi in mano.
Ucciso nel 1974. Stroncato a Cinisello Balsamo da una raffica di mitra. Un istante prima riuscì ad infilare i soldi nella buca della Cassa Continua.
Ucciso nel 1974. Si sacrificò per salvare il collega che mentre a piedi si avviava verso il furgone portavalori con i milioni di lire prelevati dalla Standa di Piazzale Susa a Milano, si era trovato nel mirino di tre pistole. Prendin, accortosi dell’imboscata si precipitò giù dal furgone ed ingaggio una colluttazione con i malviventi. Gli spararono a bruciapelo. Il collega rimasto sanguinante e gravemente ferito sull’asfalto, si sarebbe ripreso solo dopo una lunga convalescenza.
Ucciso nel 1967. Matteti era una Gpg della”Padane milanese”. Ucciso da un pazzo che la sera stessa, dopo di lui, uccise tre Carabinieri. Dichiarò di aver sparato per gioco, per dimostrare quant’era bravo.
Medaglia d’oro al valor civile
Medaglia d’oro al Valor Civile 15 giugno 1952 Milano Aggredito in zona Navigli durante il servizio di zona.
Calogero Comaianni ( 45 anni )
Non era un eroe Calogero Comaianni, ma un uomo normale che cercava di sfamare la moglie e i suoi cinque figli, facendo di mestiere la guardia giurata. Anch’egli è una vittima innocente di mafia, ma non lo ricorda quasi nessuno. D’altra parte, non guidava le masse contadine alla conquista della terra, non faceva il magistrato e nemmeno il poliziotto. Era semplicemente un uomo onesto,una persona perbene. Certo, la Corleone degli anni ’40 non era il posto migliore per esercitare un mestiere che in qualche modo avesse a che fare col rispetto della legge. Ma lui ci provava lo stesso. Con equilibrio e buon senso, girava le campagne insieme alle altre guardie campestri, vigilava, dava consigli da buon padre di famiglia a qualche giovane scapestrato, tentato da qualche «scorciatoia» per uscire dalla miseria. Il 2 agosto 1944, Comaianni stava facendo il suo solito giro di perlustrazione. Con lui c’erano le guardie campestri Pietro Splendido e Pietro Cortimiglia. Ormai era piena estate e il grano delle campagne corleonesi era stato quasi tutto mietuto da migliaia di braccianti agricoli, molti dei quali provenienti dai comuni della fascia costiera. La sola manodopera locale, infatti, non era sufficiente e si doveva ricorrere a quella proveniente da Bagheria, Misilmeri, Villabate e Ficarazzi, dove la raccolta degli agrumi era terminata da un pezzo. All’improvviso, si accorsero che due giovani stavano arraffando covoni di grano, caricandoli sui muli. «Fermi! Che fate?», gridarono le guardie. Poi si avvicinarono e li videro in faccia. Erano Luciano Liggio e Vito Di Frisco. «Alla vista degli agenti Liggio non fece una piega. Si lasciò arrestare con quell’aria mansueta e vittimistica ostentata ogni volta che la giustizia arriverà a mettergli le mani addosso. Ma quando lo scatto delle manette gli imprigionò i polsi gettò un occhiata di fuoco in faccia agli agenti, come per stamparseli bene nella mente», scrive Marco Nese (Nel segno della mafia. Storia di Luciano Liggio, 1975). Per quel furto Liggio rimase in galera tre mesi. Ad ottobre uscì dal carcere in libertà provvisoria, ma i volti delle guardie che l’avevano arrestato non era riuscito a dimenticarli. Aveva un amico «Lucianeddu», un coetaneo di nome Giovanni Pasqua. «Cumpà – gli disse – gli sbirri che mi hanno arrestato non la devono passare liscia. A cominciare da quel Calogero Comaianni, tuo vicino di casa». E insieme studiaron un piano per levarselo di torno. L’occasione propizia sembrò presentarsi la sera del 27 marzo 1945, sei mesi dopo che la futura «primula rossa» era uscita dal carcere. Calogero Comaianni stava rientrando nella sua casa di via Sferlazzo, in pieno centro storico, quando si vide seguito da due uomini incappucciati. Accelerò il passò, ma pure quelli accelerarono il loro. Con uno scatto felino, la guardia giurata fu svelta a guadagnare la porta di casa, cogliendo di sorpresa i due killer. «Ho avuto l’impressione che due uomini mi seguissero», confidò alla moglie Maddalena Ribaudo. «Li hai conosciuti?», gli chiese lei. «Uno mi è sembrato Giovanni Pasqua. Ma chi può avercela con me? Io non ho fatto male a nessuno, solo il mio dovere», rispose. Il giorno dopo, di prima mattina, Calogero Comaianni pulì la stalla e poi uscì di casa per andare a buttare gli escrementi di animali nella vicina discarica. Fatti pochi passi, si accorse di avere dietro gli uomini della sera precedente. Si guardò intorno. Vide il portone aperto della stalla di un vicino di casa, provò a cercarvi riparo, ma quello glielo chiuse in faccia. Allora Comaianni capì e provò a tornare precipitosamente a casa. Fece appena il tempo a bussare, che uno dei due inseguitori gli sparò addosso due colpi di pistola. La porta si aprì e, nonostante già fosse ferito, l’uomo provò a salire i primi gradini. Fu raggiunto dai killer, che gli puntarono ancora addosso le loro armi. Comaianni si girò, guardò in faccia quello più vicino e lo riconobbe: era Giovanni Pasqua. «Giovanni, che fai?», gli gridò. Ma quello gli scaricò addosso altri colpi di pistola, ammazzandolo sul colpo. La guardia giurata aveva 45 anni. Ma la scena raccapricciante fu vista anche dalla moglie di Comaianni e da Carmelo, il figlio più grande, che corse subito a prendere il fucile per sparare agli assassini del padre. Ma fu fermato dalla madre, mentre i due killer si allontanavanoa passo svelto. DINO PATERNOSTRO per lavalledeitempli.net
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Attualmente abbiamo Censito 82 Caduti ma crediamo che ci siano ancora altri nomi di cui si rischia di perdere la Memoria.
Per questo abbiamo bisogno del Vostro aiuto.
Vi invitiamo quindi a consultare l’Elenco Caduti e, qualora abbiate segnalazioni, scrivere ad:
Andrea Caragnano
via Marco Polo, 21
34074 Monfalcone (GO)
andreacaragnano@gmail.com
+39 3496784736